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Progetto M@H (Messier At Home) in collaborazione con MSI Italy.
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Come astrofotografo di città, una città della Pianura Padana, territorio che soffre di un grado di inquinamento luminoso tra i peggiori in Europa, il mio primo obiettivo è sempre stato quello di trovare cieli limpidi e bui da cui scattare le mia immagini.
Un cielo buio ed incontaminato rende tutto più facile: le immagini risultano facili da elaborare, si riescono ad ottenere oggetti più deboli in minor tempo e quindi, in generale, la qualità delle immagini è decisamente superiore.
Per queste ragioni ho sempre considerato le riprese fatte da casa come semplici prove per mettere a punto la strumentazione e il flusso di lavoro, al massimo ho sempre e solo considerato come fattibili le riprese con filtri in banda stretta, che riducono moltissimo l'impatto dell'inquinamento luminoso.
Purtroppo le riprese dalla montagna hanno anche alcuni difetti non trascurabili: innanzi tutto è necessario spostarsi da casa, a volte percorrendo centinaia di chilometri per raggiungere la meta designata, portando con se decine se non centinaia di kg di attrezzatura che va montata e calibrata sul posto e, a fine nottata, bisogna smontare il campo e rientrare "alla base".
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New PixInsight Script: LinearStarNet
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StarNet++ is a very interesting project by Mikita Misiura.
It's a neural network based software to remove stars from astronomical images, and it does surprisingly well.
This piece of software is so interesting that has been released as an official PixInsight process starting from release 1.8.8-6.
Giocare con la Grande congiunzione Giove-Saturno
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Anno Domini 2020, mese di dicembre, tutti i media del mondo si interessano ad un raro evento astronomico: la congiunzione tra Giove e Saturno.
Le congiunzioni tra questi due pianeti si ripetono con un intervallo di circa 20 anni, ma questa aveva una particolarità: nel momento del massimo avvicinamento i due pianeti sarebbero stati a poco più di 6 primi d'arco l'uno dall'altro.
Una distanza di 6' significa che i due pianeti posso essere osservati e fotografati contemporaneamente nel campo del telescopio.
La cosa interessante è che in questo modo diventa facile confrontare i due pianeti direttamente: la loro dimensione apparente e la loro luminosità.
Proprio questa caratteristica, mi ha ispirato questo semplice esercizio.
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Prova della ZWO ASI 6200 Colore
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Molti degli astrofotografi della mia generazione, dopo essere passati per la fotografia analogica, si sono avvicinati per la prima volta all'astrofotografia digitale grazie ai sensori CMOS.
In pochi,. infatti, potevano permettersi i primi sensori CCD raffreddati per astronomia: costosi, piccoli e difficili da utilizzare erano riservati ai professionisti o ad astrofili evoluti.
All'inizio degli anni 2000, però, è cominciata la diffusione delle prime camere digitali a prezzi abbordabili per il grande pubblico, tra queste sono certamente da notare i vari modelli di Canon.
Questi sensori digitali, basati su teconlogia CMOS, non avevano certo l'impronta rigorosamente scientifica e il range dinamico dei CCD, ma permettevano di acquisire immagini digitali di qualità ad una frazione del prezzo di un CCD raffreddato.
Così è cominciata la mia avventura nell'astrofotografia digitale: dopo una breve parentesi con le webcam (la mitica Vesta Pro e la figlioletta Toucam), nel 2008 sono passato ad una Canon 350D, opportunamente modificata per estendere il range nel rosso.
Il punto di arrivo però, allora, era l'acquisto di un CCD monocromatico dotato di filtri al quale sono passato poco dopo.
Negli ultimi anni però la tendenza sta cambiando: la tecnologia CCD ha raggiunto una certa maturità e non ha più mostrato la grande evoluzione dei primi anni, mentre la tecnologia CMOS si è evoluta continuamente, colmando il gap.
Per questo ero molto curioso di provare uno dei nuovo sensori CMOS per astronomia.
L'opportuna è arrivata grazie a Marco Rigo di Astrottica che mi ha concesso in prova l'attuale ammiraglia di casa ZWO: la ASI 6200 in versione a colori.
La verifica della linearità dei sensori d'immagine: andare oltre la regressione lineare.
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Una delle questione più discusse e meno comprese dai non addetti ai lavori è la, cosiddetta, linearità dei sensori d'immagine elettronici.
CCD e CMOS per imaging dovrebbero possedere una una caratteristica fondamentale se si vuole utilizzarli per usi scientifici o anche solo per l'imaging astronomico evoluto: la risposta del sensore alla luce deve essere lineare.
Linearità di risposta significa che l'output del sensore è correlato linearmente con l'intensità della radiazione che lo colpisce.
Se indichiamo con
ADU l'intensità letta sull'immagine uscita dal sensore
I l'intensità della radiazione
t il tempo di posa
K è una costante di proporzionalità fissa, dipendente dalle caratteristiche tecniche del sensore (principalmente efficienza quantica e guadagno).
allora, per un'immagine calibrata con il relativo dark frame, vale la relazione