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Articoli di carattere astronomico
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Qualche mese fa (Aprile 2024) sono stato contattato da Alessandro Roso e TS Italia Astronomy per provare una nuova flatbox.
La cosa mi è parsa interessante da subito dal momento che l’acquisizione dei flat field per una accurata calibrazione delle immagini è, da sempre, uno degli argomenti più discussi nel mondo dell’astrofotografia.
La Flat Killer 20250 è una flat box basata sulla tecnologia LED ma con diodi speciali che sono stati studiati, calibrati, composti e costruiti appositamente per questo tipo di prodotto.
TS Italia Astronomy mi ha fornito della documentazione a supporto e mi ha illustrato il processo con il quale sono stati costruiti questi speciali emettitori a spettro continuo.
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La calibrazione dell'immagine è un passaggio cruciale durante il pre-processing delle delle immagini atronomiche, questo breve articolo approfondisce la calibrazione delle fotocamere che soffrono del fenomeno chiamato deriva del bias (bias drift) grazie alla calibrazione con l'area di overscan.
La calibrazione con overscan è una procedura di calibrazione poco conosciuta tra i dilettanti: sebbene sia essenziale per l'elaborazione professionale dei dati, è generalmente di importanza marginale per l'astrofotografia estetica.
In alcuni casi, tuttavia, potrebbe diventare obbligatoria per risolvere alcuni problemi di calibrazione derivanti da caratteristiche peculiari del sensore, come il bias drift descritto più avanti.
Leggi tutto: La correzione del bias drift mediante calibrazione con overscan
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Molti degli astrofotografi della mia generazione, dopo essere passati per la fotografia analogica, si sono avvicinati per la prima volta all'astrofotografia digitale grazie ai sensori CMOS.
In pochi,. infatti, potevano permettersi i primi sensori CCD raffreddati per astronomia: costosi, piccoli e difficili da utilizzare erano riservati ai professionisti o ad astrofili evoluti.
All'inizio degli anni 2000, però, è cominciata la diffusione delle prime camere digitali a prezzi abbordabili per il grande pubblico, tra queste sono certamente da notare i vari modelli di Canon.
Questi sensori digitali, basati su teconlogia CMOS, non avevano certo l'impronta rigorosamente scientifica e il range dinamico dei CCD, ma permettevano di acquisire immagini digitali di qualità ad una frazione del prezzo di un CCD raffreddato.
Così è cominciata la mia avventura nell'astrofotografia digitale: dopo una breve parentesi con le webcam (la mitica Vesta Pro e la figlioletta Toucam), nel 2008 sono passato ad una Canon 350D, opportunamente modificata per estendere il range nel rosso.
Il punto di arrivo però, allora, era l'acquisto di un CCD monocromatico dotato di filtri al quale sono passato poco dopo.
Negli ultimi anni però la tendenza sta cambiando: la tecnologia CCD ha raggiunto una certa maturità e non ha più mostrato la grande evoluzione dei primi anni, mentre la tecnologia CMOS si è evoluta continuamente, colmando il gap.
Per questo ero molto curioso di provare uno dei nuovo sensori CMOS per astronomia.
L'opportuna è arrivata grazie a Marco Rigo di Astrottica che mi ha concesso in prova l'attuale ammiraglia di casa ZWO: la ASI 6200 in versione a colori.
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La calibrazione delle immagini astronomiche è uno dei passaggi chiave per ottenere un risultato di qualità, uno dei passaggi più importanti in questa fase è l'applicazione del flat field.
Durante i miei corsi di PixInsight in tutta Italia una domanda, non correlata con l'uso del software, ma di fondamentale importanza per la calibrazione delle immagini, è: a quanti ADU devo fare i FLAT?
La mia risposta è sempre ed invariabilmente: "se il tuo sensore è lineare, ed è molto difficile che non lo sia, non importa: l'efficacia del flat field non dipende dal livello di illuminazione".
L'inevitabile domanda successiva è: "Ma allora perché i miei flat non funzionano?"
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Una delle questione più discusse e meno comprese dai non addetti ai lavori è la, cosiddetta, linearità dei sensori d'immagine elettronici.
CCD e CMOS per imaging dovrebbero possedere una una caratteristica fondamentale se si vuole utilizzarli per usi scientifici o anche solo per l'imaging astronomico evoluto: la risposta del sensore alla luce deve essere lineare.
Linearità di risposta significa che l'output del sensore è correlato linearmente con l'intensità della radiazione che lo colpisce.
Se indichiamo con
ADU l'intensità letta sull'immagine uscita dal sensore
I l'intensità della radiazione
t il tempo di posa
K è una costante di proporzionalità fissa, dipendente dalle caratteristiche tecniche del sensore (principalmente efficienza quantica e guadagno).
allora, per un'immagine calibrata con il relativo dark frame, vale la relazione